La riforma delle carriere mira a migliorare la stabilità per i ricercatori italiani

Una nuova legge semplifica il percorso verso la cattedra e aumenta gli stipendi per i ricercatori post-dottorato.

Con un disegno di legge approvato dal Parlamento il 30 giugno, il governo italiano ha introdotto una riforma a lungo attesa del percorso di carriera accademica che porta alla cattedra.

Fino ad ora, dopo gli studi di dottorato, i giovani ricercatori potevano ottenere una borsa di studio, un contratto di collaborazione a breve termine o un assegno di ricerca. Dopo questi contratti, esistevano due tipi di posizioni: una triennale untenured (chiamata RTD-A), non seguita da una posizione permanente, o, più raramente, un tenure track triennale (RTD-B). Al termine di quest’ultimo contratto, il ricercatore poteva essere promosso a professore associato.

Ora l’assegno di ricerca diventa un contratto di ricerca biennale, estendibile fino a cinque anni se collegato a un progetto europeo. La nuova legge porta la retribuzione da 19.000 € a 40.000 € (comprensivi di contributi previdenziali e fiscali).

La distinzione tra RTD-A e RTD-B è sostituita da un’unica figura di ricercatore: un percorso di sei anni che dà accesso al ruolo di professore associato, e che può essere ridotto a quattro per coloro che hanno già un livello “senior” e una produzione scientifica di primissimo piano.

“Il percorso dopo il dottorato era troppo frammentato, causando precarietà e periodi di disoccupazione che hanno afflitto per anni i giovani ricercatori italiani”, afferma Flavia Sciolette, membro dell’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani (ADI).

Tuttavia, alcuni sostengono che vi sia stata una mancanza di trasparenza nell’elaborazione della riforma. È stata approvata come emendamento al cosiddetto Decreto PNRR 2 (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), un pacchetto più ampio di misure eterogenee che l’Unione Europea ha chiesto all’Italia di approvare entro la fine di giugno come condizione per ricevere i fondi del recovery fund. “Il Senato non ha mai discusso il testo che è stato approvato dalla Camera, e nessun Senatore ha mai espresso la propria posizione. Il Parlamento è stato esautorato dal Governo, annullando qualsiasi confronto con noi”, afferma Nunzio Miraglia, coordinatore nazionale dell’Associazione Nazionale Docenti Universitari (ANDU).

L’ufficio stampa del Ministro dell’Università e della Ricerca ha dichiarato a Nature Italy che il Parlamento lavorava alla riforma da un paio d’anni e che l’emendamento è stato scritto in modo da riflettere il dibattito parlamentare.

I membri di ERC Italy, un’associazione senza scopo di lucro di vincitori di grant ERC, sostengono inoltre che non vi è stato alcun dibattito con la comunità dei ricercatori e nutrono dubbi sul fatto che il nuovo contratto di ricerca ridurrà la precarietà. Lo stipendio dei ricercatori rimarrà per lo più invariato, affermano, poiché la maggior parte dell’aumento sarà assorbita dalla maggiore tassazione applicata alla nuova tipologia contrattuale. Ma poiché i contratti costeranno di più e poiché la riforma introduce anche un tetto alla spesa delle università per le nuove assunzioni, il risultato netto potrebbe essere una riduzione del numero di ricercatori. “Le possibilità di accesso alla ricerca per i giovani saranno dimezzate e i gruppi di ricerca più piccoli potrebbero scomparire”, afferma Elisa Cimetta, ingegnere chimico dell’Università di Padova e membro di ERC Italy. “Reclutare ricercatori non sarà facile nemmeno per i vincitori di grant del Consiglio Europeo della Ricerca (ERC)”.

Sciolette concorda sul fatto che, senza un aumento sostanziale dei finanziamenti, il nuovo sistema non raggiungerà i suoi obiettivi. “La riforma deve essere sostenuta finanziariamente a livello europeo per garantire a tutti i giovani ricercatori la possibilità di intraprendere un tenure track”, afferma. Un portavoce del Ministero dell’Università e della Ricerca sottolinea che l’ultima legge di bilancio prevede un piano per incrementare il fondo di finanziamento ordinario (FFO) per le università di oltre 900 milioni di euro nei prossimi quattro anni, una quota considerevole dei quali sarà utilizzata per il reclutamento di ricercatori.

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